Pane come farlo in casa
Ho provato molte volte a farlo. A me piace la pagnotta. Quella del centro Italia che dura diversi giorni.
Gli esperimenti precedenti sono sempre stati abbastanza disastrosi.
La causa era il tempo. Sia perché non avevo la possibilità di dedicarmi con costanza, sia perché sbagliavo i tempi di lievitazione.
Quest’estate, in un piccolo bar di Grottammare, dove fanno una pizza bianca eccezionale, facile da digerire persino per me che mangio pochissima farina,
ho iniziato a capire alcuni segreti, ma solo ora con il lockdown sono riuscito a metterli in pratica.
Pane i due segreti
Il primo e forse più essenziale è mettere poco lievito, il secondo lasciar lievitare il più possibile. Se lo lascio lievitare 24 ore, il pane viene buono, digeribile. Cuoce bene. E dura tanto.
Pane il primo esperimento
Il primo pane che ho provato a fare in questo periodo, l’ho lasciato 48 ore a lievitare, ma in cottura è rimasto troppo compatto, sembrava una polentina al forno. Era come se i lieviti fossero esausti e non riuscissero più a lavorare (o almeno io così l’ho interpretato dopo i tentativi successivi).
Io cerco la classica pagnotta, quella senza sale che si usa nel centro Italia. C’è anche da dire che i miei figli mi obbligano a mettere il sale, anche perché il pane in sostanza lo faccio più per loro che per me.
Pane il terzo segreto la temperatura di cottura
Il terzo segreto è la temperatura. Cuocio il pane a 230° C (come avevo visto fare nel forno della focaccia del bar La Scogliera di Grottammare), per 25 minuti.
Il tempo è più o meno sempre lo stesso, varia di poco. Metto un timer a 25 minuti ma se sento profumo di pane caldo, di biscottato, lo tiro fuori in anticipo.
Altro trucco importante è mettere il forno statico e metter sul fondo qualcosa che accumuli calore (come i mattoni del forno a legna). Può essere una pietra tipo lavagna, io metto una bistecchiera rovesciata, con la parte liscia verso l’alto e la parte rigata verso il basso.
Pane la quantità di lievito
Inizialmente mi sono incaponito cercando di fare il lievito madre in casa, per poi scoprire che si trova abbastanza facilmente lievito madre liofilizzato biologico, che va benissimo (in mancanza, lo confesso, ho usato anche lievito di birra liofilizzato). Per 700 g di farina utilizzo un cucchiaino da caffè di lievito madre in polvere.
Se metto troppo lievito (le quantità che indicano le confezioni del lievito in polvere, o a cubetti fresco, sono sempre esagerate) non smette più di fermentare, di gonfiare.
Pane il quarto segreto: per decidere la tipologia di pagnotta
Il quarto segreto che ho scoperto è che se metto la quantità giusta di acqua, e alla fine della lavorazione l’impasto è consistente e non attacca le mani, otterrò un pane tipo pagnotta del centro Italia con piccoli alveoli, con crosta più dura.
Se invece tengo l’impasto più bagnato, più appiccicoso, otterrò un pane più pesante con una mollica più densa senza alveoli, tipo il pane che si compra in montagna, con crosta meno dura.
La pagnotta viene più alta se c’è poca acqua, mentre più bassa se c’è più acqua: è come se si sedesse di più, come se l’acqua l’appesantisse e facesse più fatica a lievitare nella seconda lievitazione (vedi dopo).
Pane la proporzione farina acqua
La proporzione che utilizzo è di due tazze da latte di farina, con una tazza scarsa di acqua: 2 volumi a 1. Ma anche questo varia da farina a farina. Di solito tendo a farla troppo bagnata e la asciugo aggiungendo farina fino a quando continuando a lavorare l’impasto non smette di essere appiccicoso.
Il tempo di lavorazione è di circa 10-15 minuti: in ogni caso la consistenza della farina con l’acqua, mano a mano che la lavoro, cambia.
Inizialmente è farinosa, poi si compatta, poi inizia a cambiare consistenza ed è come se la pasta rispondesse alla pressione delle dita. La glutinizzazione cambia la consistenza, la rende rispondente alla pressione. Chiudo la pasta con le dita, arrotolandola, e la comprimo con il palmo della mano: questo movimento, lo stesso della pasta fresca, lo ripeto fino a che sento che la pasta si spacca sotto le mani, come se slittasse in superficie. È difficile da spiegare. Ma facendolo si capisce.
Pane questo il procedimento:
sciolgo in una tazzina di acqua tiepida 1 cucchiaino da caffè di lievito madre liofilizzato.
Utilizzo una grossa pentola in acciaio per impastare e per lasciar lievitare poi il pane coperto da uno strofinaccio.
Metto nella pentola due tazze da latte di farina e una tazza scarsa di acqua (circa 700 g di farina). Aggiungo 4 prese di sale (io, abituato al pane senza sale, lo farei senza). Aggiungo il lievito sciolto e inizio a lavorare con una mano.
Aspetto che si sia formata una palla omogenea prima di aggiungere altra farina (se fosse troppo bagnata), o poca acqua (se troppo asciutta).
La lavoro a lungo schiacciando con il palmo della mano e arrotolandola con le dita.
Posso fare questa operazione sia dentro la pentola, sia su di una tavolo, a due mani.
Dopo dieci minuti buoni di lavorazione rimetto la pasta nella pentola.
Bagno la mano e inumidisco la superficie dell’impasto. Copro con un canovaccio la pentola (possibilmente che non tocchi l’impasto). E lascio fermo l’impasto per 24 ore, di solito preparo l’impasto di prima mattina, così è pronto cotto il giorno dopo poco prima di pranzo (24 h + 3 h + 25 min cottura).
Metto la pentola con dentro il pane a lievitare nel forno (spento), così non occupa spazio in cucina.
La mattina dopo sgonfio la pasta che avrà lievitato e aggiungo poca farina, la lavoro per pochi minuti impastando.
Stacco una pallina di impasto e la metto da parte in una ciotola, per la panificazione successiva.
Do’ la forma di una pagnotta all’impasto e deposito il pane su di un tagliere molto infarinato. Lascio lievitare per la seconda volta per 3 ore. Se voglio una crosta sottile lo lascio lievitare coperto con un canovaccio, se voglio una crosta più spessa lo lascio lievitare scoperto, così secca di più.
Verso le 11 accendo il forno a 230°C, metto sul fondo la bistecchiera al contrario (anche una padella larga e pesante può andar bene).
Quando il forno è in temperatura, pratico un taglio per la lunghezza del pane sulla superficie e piano lo lascio scivolare sulla bistecchiera. Chiudo il forno e lascio cuocere per 25 minuti.
Mentre cuoce aggiungo mezzo pugno di farina alla pallina di impasto che ho sottratto e stempero sia la farina che l’impasto in mezzo bicchiere di acqua. Sciolgo anche eventuali residui nella pentola con un goccio d’acqua.
In pratica ravvivo i batteri, che sono al limite dopo 24 di lievitazione, tenendoli pronti per la panificazione successiva.
Panifico ogni due giorni. La pagnotta mi dura bene a temperatura ambiente per 3 giorni. Riscaldata tipo bruschetta è da svenire.
Se devo tenere la coltura di lieviti in vita per più di due giorni, una volta al giorno aggiungo ancora un poco di farina e se necessario un goccio di acqua (il sale anche non fa bene ai lieviti). Aggiungo la pasta tenuta da parte, nelle panificazioni successive al posto del lievito liofilizzato iniziale. Se noto che il pane non lievita come voglio in cottura, posso aggiungere una punta di lievito liofilizzato nella ciotola per rafforzare la coltura per la panificazione successiva.
Trascorso il tempo di cottura tiro fuori il pane e lo lascio raffreddare su di una griglia leggermente scostata dal piano. Se devo fare cotture di verdure, o altro, sfrutto il forno già caldissimo.
Ho provato con la classica farina 00 che già avevo in casa per la pasta fresca ed è venuto bene. Ho poi provato con farina per pizza ed è venuto meglio. Gli ultimi esperimenti con una farina sempre di grano tenero che sembra un po’ più integrale, o comunque con i germi del grano leggermente più integri, dal colore più scuro (farina tipo 1 in italiano, o tipo 45 in francese), anche il pane viene leggermente più scuro.
Se avete dubbi o consigli, se avete altra esperienza da aggiungere, vi prego di scrivermi…
Visual storytelling recipes
Il primo pane che ho panificato, ha lievitato 48 ore e non è più riuscito a gonfiare in forno, una specie di polentina rosolata in forno
Un impasto dopo la lievitazione di 24 ore
Un impasto dopo la lievitazione di 24 ore
Un impasto lievitato che inizia ad essere lavorato prima della seconda lievitazione
Un impasto lievitato lavorato prima della seconda lievitazione che si sta sgonfiando
Un impasto completamente sgonfiato pronto per la seconda lievitazione
Tengo da parte un poco di pasta per la panificazione successiva, prima di dare forma all’impasto per la seconda lievitazione
Un impasto con meno acqua pronto per la seconda lievitazione
Un impasto con più acqua pronto per la seconda lievitazione
Un impasto con meno acqua che ha lievitato 3 ore, pronto per la cottura
Un impasto con più acqua che ha lievitato 3 ore, pronto per la cottura
Subito prima di infornare pratico un taglio, per dar modo al pane di crescere durante la lievitazione in forno
Appena ho praticato il taglio vedo che già inizia ad aprirsi la lievitazione era compressa dalla superficie che era seccata e posso vedere già come probabilmente sarà la grana del pane cotto
Inforno a forno già caldo a 230°C, con qualcosa che possa accumulare calore sotto, in questo caso una bistecchiera al contrario, con la parte liscia verso l’alto. Lascio cuocere per 25 minuti
Pane cotto da impasto meno bagnato, con alveoli piccoli, simile alle pagnotte del centro Italia
Pane ottenuto da impasto più bagnato, simile al pane che trovo in montagna
Diluisco la pasta messa da parte con un poco di acqua e un poco di farina nuova per ravvivare la coltura di fermenti. Utilizzo l’acqua anche per sciogliere i residui rimasti nel contenitore che ho utilizzato per impastare
Se devo mantenere i fermenti a lungo, oltre tenerli coperti a temperatura ambiente, ogni giorno li nutro con un poco di farina e se necessario un goccio di acqua
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