“Mantecare con assaggio in corso d’opera, variazione sul Tema in divenire dalla cacio e pepe, alla carbonara passando per la gricia”
…secondo te cos’è questa pasta? Una cacio e pepe, una Gricia …o una Carbonara?
Ho fatto un esperimento, ho cotto la pasta al dente e l’ho scolata tenendo abbondante acqua di cottura.
A parte mi ero preparato, pecorino romano grattugiato, guanciale rosolato in ciccioli, due uova intere sbattute, abbondate pepe macinato.
Dopo aver scolato la pasta, l’ho messa in padella e l’ho lasciata raffreddare un poco. La cosa più difficile è questa: riuscire ad attendere il tempo giusto, non essere frettolosi. Il formaggio grattugiato, se lo metti sulla pasta troppo calda, fila e non fonde. Fa effetto mozzarella e si attacca alla padella separandosi dall’acqua, diventando salatissimo.
Con una fiamma sempre accesa a fianco, ma lontano dal fuoco, ho iniziato a far saltare la pasta nella sauteuese di alluminio, alternando pecorino a un poco d’acqua di cottura.
Avevo atteso il tempo giusto perché il pecorino non filava: fondeva una meraviglia. Quando poi ho visto che il pecorino iniziava a rimanere granuloso ho messo per pochi istanti la padella sul fuoco, ho fatto saltare, fino a quando non iniziava di nuovo a fondere. Ho di nuovo allontanato e ho incorporato ancora pecorino. Quando la pasta era ben cremosa, ho riscaldato ancora pochissimo, a piccole dosi, perché non raffreddasse ma non salisse troppo di temperatura e ho aggiunto molto pepe. Con i miei figli ho assaggiato un paio di forchettate ed era una cacio e pepe proprio buona (merito del pecorino, ero in centro Italia, è difficile trovare pecorino romano veramente buono a Milano!).
A questo punto ho iniziato di nuovo a mantecare, ho inserito i ciccioli con un po’ di grasso rifatto dal guanciale e ho ripreso calore con un poco di fiamma. Abbiamo assaggiato ed era identica alla Gricia, mangiata la settimana prima al rifugio Racollo sul Gran Sasso.
A questo punto la terza fase, c’era ancora pasta e ho aggiunto metà delle uova preparate. Ho mantecato e riscaldato poco alla volta con ancora più attenzione, per far si che le uova iniziassero appena a rapprendere. L’alluminio se prende troppo calore manda avanti la cottura, anche lontano dalla fiamma. Ho diluito appena con un goccio di acqua …e siamo arrivati a una carbonara. Densa, l’uovo che si rapprendeva e iniziava appena a diventare granuloso. Se avessi avuto della salsa, al posto delle uova, sarei arrivato ad un’amatriciana.
È stato un esercizio incredibile, una variazione sul tema in divenire, con assaggio in corso d’opera. La pasta era al dente ed essendo artigianale ha tenuto molto bene la cottura. Ma mantecare, saltare e mantecare, riscaldando poco alla volta, è stata la scelta vincente.
Era sempre la stessa pasta: se a priori avessi voluto arrivare direttamente alla carbonara avrei messo meno pecorino, ma il processo sarebbe stato quello. Avrei potuto anche preparare delle cipolle appassite. Avrei potuto anche preparare dello spada affumicato appena saltato al posto del guanciale (vedi post: non chiamatela carbonara … di spada), ma comunque sarebbe rimasta la “stessa pasta”.
Ecco il processo:
cacio e pepe —> + guanciale = gricia —> + uovo/pomodoro = carbonara/amatriciana